Concorso Young&Yellow: i racconti vincitori
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Concorso Young&Yellow: i racconti vincitori

Concorso Young&Yellow: i racconti vincitori

Ecco i racconti vincitori della prima edizione del concorso Young&Yellow.

I ragazzi partecipanti dovevano scrivere un racconto giallo, eventualmente creare anche una “foto  di copertina” che rappresentasse al meglio il racconto stesso o, nel caso dei racconti flash, produrre uno scritto che avesse tutte le caratteristiche del giallo, ma che non fosse più lungo di due righe.
Gli scritti inviatici erano tutti degni di nota e il lavoro dei giudici è stato tutt’altro che semplice nel decretare i vincitori; qui trovate i quattro scritti che hanno avuto i punteggi più alti nelle categorie scuole superiori, scuole medie, racconto più copertina e racconto flash.
Nei prossimi giorni verranno pubblicati anche gli scritti che hanno avuto una menzione speciale.
Speriamo che anche voi rimarrete conquistati com’è stato per noi.

Buona lettura!

 

UN GIOCO DI SPECCHI (di Silvia Saggioro e Alessio Marzano Dell’Istituto Gobetti)

UNA NOTIZIA INASPETTATA
Quella mattina mi ero alzata di malavoglia, come spesso mi capita. Adoro dormire e svegliarmi presto è sempre un problema. La giornata era stranamente luminosa come a primavera inoltrata, anche se la temperatura era rigida. Entrai a scuola in ritardo, un po’ trafelata, salutando qualche amico, con ancora il cuore addormentato. Avevamo da poco iniziato la lezione di Arte quando improvvisamente la porta dell’aula si spalancò e la Fenoglio, la professoressa d’Italiano, con aria molto seria disse: “Signorine Endolo e Ambrosio potete uscire un attimo con me, per cortesia? “. Quel “Signorine” non prometteva nulla di buono, solo noi due avevamo recuperato una verifica il giorno prima, quindi pensai: “Nooo! La verifica di Storia sarà andata malissimo, se prendo un cinque addio media conquistata faticosamente!” Ci guardammo con preoccupazione e uscimmo con la speranza sotto la suola delle scarpe. Ma quando la porta si chiuse alle nostre spalle, la professoressa cambiando espressione e sfoderando un bel sorriso ci comunicò: “Complimenti ragazze! Siete state scelte per rappresentare la nostra scuola Gobetti all’inaugurazione della mostra sulla Collezione Cerruti, che si svolgerà tra una settimana, il 5 aprile, nella villa appena ristrutturata! Inserite questo avviso nel diario con il modulo di autorizzazione all’uscita. Sarò io ad accompagnarvi e mi raccomando di farmi fare bella figura, perché è un’occasione molto importante. Conto su di voi”. Rientrammo trattenendo a stento la nostra gioia e soddisfazione. “Incredibile! Come poteva essere che avessero scelto proprio noi!” Ah, che sbadate, abbiamo dimenticato di presentarci! Ci chiamiamo Federica e Minerva abbiamo tredici anni e frequentiamo la 2° media. Siamo appassionate di libri di tutti i generi, ma abbiamo una predilezione per i gialli, perché sono avvincenti e ci tengono incollate alle pagine. Una gioca a scacchi, adora l’orienteering, ama cantare, suonare la chitarra ed ha spesso la testa tra le nuvole, mentre l’altra ama i video divertenti, le serie Netflix ed è molto riflessiva . Diciamo che ci compensiamo a vicenda. Ci siamo conosciute lo scorso anno, il primo giorno di scuola, quando entrando un po’ intimidite per la prima volta nella nostra nuova aula, ci siamo ritrovate casualmente nello stesso banco e da quel momento pian piano è nata un’amicizia. Il motivo per cui abbiano scelto proprio noi in rappresentanza della scuola non ci è ancora chiaro. Forse perché adoriamo la storia dell’arte e disegnare, oppure perché siamo ottime studentesse o molto più probabilmente perché hanno tirato a sorte. Fatto sta che tra qualche giorno saremo là ad assistere in prima fila ad un avvenimento che segnerà per sempre la nostra vita e quella delle altre persone presenti… in tutti i sensi.
TUTTI ALLA VILLA Il giorno dell’inaugurazione avevamo deciso di trovarci direttamente al castello di Rivoli, per poi andare alla mostra. Appena arrivate, la professoressa ci accolse con una lista di raccomandazioni e la cosa fu così lunga che quando ebbe finito, per poco non perdemmo la navetta che ci avrebbe portati alla villa. Questa si trovava oltre il parco di San Grato a circa 1 km dal museo di arte contemporanea. I muri esterni dell’edificio erano di un color terra
chiaro, a sud si poteva vedere un bellissimo giardino che dava sul pendio verso Villarbasse, ma la cosa che subito colpiva l’occhio era un’alta torre cilindrica con molte finestre .Si trattava di un edificio elegante, fatto costruire dal signor Francesco Federico Cerruti, un grande collezionista d’arte, per conservare le opere acquistate nel tempo e farne una fondazione. Egli, proprietario delle Legatorie Industriali Torinesi , aveva disposto che alla sua morte , la villa diventasse un museo aperto al pubblico e quello sarebbe stato il grande giorno in cui il suo desiderio si sarebbe avverato. Quando superammo il cancello , tutte le autorità erano già presenti , il servizio di sicurezza esterno era già in posizione e la direttrice della fondazione , la signora Amanda Bailey, stava terminando il suo discorso: “Ed è con grande orgoglio che posso annunciare che grazie all’accordo tra il Museo di Arte contemporanea di Rivoli e la fondazione Cerruti, da questo momento , quadri di artisti come De Chirico, Picasso, Magritte, Kandinskij, Balla e Warhol , per citarne solo alcuni, saranno visibili a tutti !”. Alla sua destra si trovava la sua assistente, una giovane donna dai capelli corti con maglia e pantaloni neri , alla sua sinistra c’era il sindaco Colosimo , un uomo alto dai capelli brizzolati vestito in modo distinto e più in là ecco l’assessore alla cultura Reggiani, una bella signora di una certa età ,con un completo color pesca. A seguire potevamo individuare il direttore dei lavori di ristrutturazione, l’architetto Visentin ,un signore robusto dall’aspetto gioviale, a fianco a lui , Tuscoli, il comandante della sezione carabinieri di Rivoli, in rappresentanza delle forze dell’ordine e infine tre uomini che lei presentò come famosi critici d’arte, provenienti da Inghilterra ,Francia e Russia : Paul Taylor, Francoise Gerì e Andrey Ivanov. Ci fu subito il taglio del nastro a cui seguì un forte applauso. Dopo pochi minuti l’assistente del direttore annunciò la partenza della prima visita guidata. La professoressa si era allontanata di qualche metro per salutare una collega di un’altra scuola, quando il primo gruppo fu invitato ad entrare. Noi ci trovavamo proprio lì e per un attimo rimanemmo indecise. “Che facciamo Fede?” mi disse Minerva “ la gente sta entrando , ma la Fenoglio è là che chiacchiera!” “ Vediamo se riusciamo a toglierci di qui e a raggiungerla” proposi. Ma non feci in tempo a terminare la frase che le persone dietro di noi cominciarono a spingere verso la scalinata e, trascinate dal gruppo, ci ritrovammo all’interno, senza più vedere la nostra insegnante. Sole, senza punto di riferimento, fianco a fianco con autorità, critici d’arte e alcuni giornalisti, bastò un attimo per vederci immortalate in una bella foto tra sindaco e assessore.
DUE +DUE FA QUATTRO? La villa si apriva su una stanza meravigliosa, con antichi mobili intarsiati, statue di diversi materiali e un pianoforte a coda molto antico in legno marrone scuro. Già qui si poteva godere della vista dei primi quadri, disposti lungo le pareti, la cui tappezzeria a righe verticali, veniva perfettamente ripresa dai tendaggi di broccato alle finestre. Tutti osservavano stupefatti le opere, ascoltando le spiegazioni della guida e camminando sui tappeti persiani di cui era ricoperto il pavimento. Passando nella seconda stanza, il mormorio di ammirazione si fece più forte. Si trattava di una piccola sala in stile barocco,
con un tavolo ovale nel centro di color avorio, sedie e mobili decorati in oro, così come il prezioso lampadario che pendeva al centro del soffitto. Ma la cosa che più incuriosiva erano le pareti ricoperte da una serie di specchi, davanti ai quali erano sistemati i quadri in esposizione. Aveva un’unica porta, per cui ci fecero entrare pochi per volta. Appena usciti, la guida ci condusse per un lungo corridoio, anch’esso pieno di quadri, spiegandoli con entusiasmo e giunti alla fine invitò il direttore dei lavori di ristrutturazione a spiegare quanto fatto: “Ed ora vorrei qui l’architetto Visentin . Prego fate spazio!” Tutti cercarono di spostarsi , ma nessuno si fece avanti . “Dov’è l’architetto? Era con noi poco fa …” fece la guida al sindaco, che a sua volta si voltò verso assessore e comandante dei carabinieri. Girammo la testa in tutte le direzioni ed in effetti il gioviale signore dall’aspetto robusto era scomparso. La guida tornò indietro nelle precedenti sale, ma di lui non c’era traccia. La direttrice della fondazione allora avanzò verso la terza sala per cercare più avanti, ma dopo pochi secondi la sentimmo urlare: “Oh my God i quadri! Qualcuno ha preso i quadri!” . Subito corremmo verso quella voce per vedere cosa fosse successo. Entrammo in una stanza da letto con tutte le pareti rivestite in legno ed il pavimento piastrellato in terracotta. Il letto, con a lato due comodini intarsiati, si inseriva in una specie di nicchia, dove, sulla parete dietro la testata, era appesa una serie di quadri piuttosto antichi di piccole dimensioni e senza ombra di dubbio ne mancavano tre, che avevano lasciato una bella zona vuota sul muro. In alto , lungo le pareti, erano appese composizioni raffiguranti strumenti musicali. Il comandante Tuscoli urlò: “Chiudete le porte! Che nessuno esca e nessuno entri! “ e subito corse all’ingresso per radunare la sicurezza , mentre la signora Bailey sedeva, attonita e con sguardo incredulo, su una poltrona dell’800. L’uomo tornò poco dopo annunciando : “ La sicurezza ha controllato fino ad ora il perimetro della villa e nessuno è uscito. Miei cari signori il responsabile di questo furto è ancora qui! Nessuno dovrà allontanarsi!” Subito calò il gelo, tutti si guardarono l’un l’altro in silenzio, ma poi ognuno cominciò a parlottare con il vicino e a tutti venne in mente la stessa cosa. Il Sindaco esclamò: “Siamo tutti qui, l’unico a mancare è l’architetto, sicuramente è stato lui!” “ Certo” incalzò l’assessore “ Spariti i quadri, sparito lui : 2+2 non può che fare 4”. “Si , ma se nessuno è uscito…dove sono i quadri e dov’è finito lui?” risposte Tuscoli. In effetti la cosa appariva decisamente strana e per noi due , che sapevamo di essere sicuramente innocenti, si presentava un’occasione incredibile: quella di poter assistere di persona ad un’indagine, dopo averne lette tante sui libri! In quel momento vedemmo la professoressa sbracciarsi fuori da una porta finestra . Istintivamente andammo verso di lei, ma fummo subito bloccate. “ Ragazzine , mi spiace ma il divieto di avere contatti con l’esterno vale anche per voi . Chi è quella signora?” “E’ la nostra insegnante di Italiano, siamo con lei “. “ Non preoccupatevi, parlerò io con la professoressa e la rassicurerò. Se tutto andrà come spero, in poche ore potrete tornare a casa “ concluse il comandante con un tono che non ammetteva repliche. Poi si rivolse a tutti : “ Bene signori, devo chiedervi la cortesia di consegnarmi tutti i vostri
telefoni, di restare possibilmente in gruppo e non disperdervi per la villa. Ho appena chiamato l’investigativa e tra poco sarà qui per i rilievi. Avranno necessità di muoversi liberamente, perciò siete pregati di non intralciare le indagini. Nel frattempo io comincerò ad interrogarvi: qualcuno di voi potrebbe aver visto qualcosa di utile a risolvere il mistero “.
COMINCIA L’INDAGINE
Tuscoli aveva già sentito le versioni di quasi tutti i presenti. Noi, facendo finta di nulla eravamo riuscite ad ascoltare le parole di ognuno. Non vi erano dubbi: Visentin era entrato nella villa con la prima visita guidata. Il comandante infatti aveva chiesto al giornalista ,che aveva scattato la foto nell’atrio, di consegnargli la Reflex e dopo aver fatto scorrere le immagini aveva detto : “ Eccolo! L’architetto è proprio qui, in seconda fila dietro l’assessore. Si individua subito, perché tutti stanno guardando avanti verso il reporter , mentre lui è l’unico ad avere il viso voltato di lato , verso il gruppo”. Purtroppo però le foto seguenti ritraevano solo più Sindaco, signora Bailey e opere d’arte, quindi non potevano essere d’aiuto. Le altre persone erano rimaste così prese dalla bellezza dei quadri che nessuno aveva più fatto caso alla presenza di Visentin. Ora sarebbe toccato alla Direttrice del Museo dire la sua . “ Signora Amanda , mi parli dei quadri scomparsi “ esordì il comandante. “ Mi perdoni, ma sono ancora scossa; sono opere molto antiche. Si tratta di un pinnacolo dell’altare di Borgo Sansepolcro , che ritrae Sant’Agostino, dipinto dal Sassetta a metà ‘400 e di due quadretti di importanza minore, sempre ritraenti figure sacre” rispose lei con voce tremante. “ Quali sistemi di sicurezza avete previsto per la villa?” “ Oltre al servizio di sorveglianza esterno, abbiamo piazzato delle telecamere a circuito chiuso in alcuni punti strategici” “C’è qualcuno in questo momento ai monitor?” domandò Tuscoli. “ Purtroppo no. In occasione dell’inaugurazione, abbiamo deciso di potenziare il controllo sul perimetro e con tutta la gente presente all’interno, lei compreso comandante, chi mai poteva pensare che sarebbe accaduta una cosa del genere? Però i filmati saranno sicuramente disponibili”. “ Che ragionamento idiota! Appena arriveranno i colleghi controlleremo”. “Passiamo ad altro…i quadri sono facili da piazzare? Intendo dire se sia possibile rivenderli senza problemi…” “ Dal momento in cui viene fatta la denuncia , è piuttosto improbabile trovare acquirenti disposti a rischiare .Inoltre per il Sassetta stiamo parlando di valore inestimabile…quindi di cifre da capogiro. Solo ad un pazzo verrebbe l’idea di rubarli per venderli. E poi l’architetto è conosciuto da tutti. Come potrebbe pensare di sfuggire alla cattura? Carabinieri e Polizia sarebbero perfettamente in grado di fermarlo” . “ Sono assicurati?” “Certo, che domanda! Crede di avere a che fare con un’incompetente?” sbottò lei . “ Va bene, non si agiti. Per il momento basta così. Può accomodarsi” concluse lui, pensieroso. Dopo la signora Amanda, furono ascoltati anche i critici d’arte. Parlavano perfettamente italiano , sebbene con l’inflessione tipica della propria lingua straniera, e in
merito alla vendita della refurtiva, confermarono la versione della Bailey: sarebbe stata una pazzia anche solo pensarci.
ARRIVA L’INVESTIGATIVA
Era trascorsa poco meno di un’ora quando arrivarono i colleghi per i rilievi. Erano in tre, indossavano tute blu scuro con la scritta RIS e portavano con loro dei borsoni contenenti vari attrezzi per misurazioni. Dopo un breve confronto con il comandante, si divisero le stanze e cominciarono a lavorare. Passarono pochi minuti che quello più alto chiese di parlare con Tuscoli. I due si spostarono in un’altra sala, ma la porta rimase socchiusa e, dopo esserci fatte un cenno d’intesa reciproca, io e Minerva ci avvicinammo allo spiraglio. “Qualcuno, con uno spray, ha oscurato alcune telecamere e più precisamente quella della stanza dove è stato commesso il furto, quella dei corridoi ,quella della sala barocca e dell’atrio. “ “Questo non ci porta a nulla. Praticamente è un buco nell’acqua! Fantastico!” esclamò Tuscoli sarcastico. “E invece qualcosa sappiamo…” dissi io sottovoce. “ Hai ragione…” confermò Minerva facendomi l’occhiolino. “ Tutto si è svolto tra atrio, corridoio e le due sale oscurate e se altrove le telecamere funzionano e nessuno è uscito dalla villa, significa che il mistero è nascosto in questo percorso” riflettei ad alta voce. I tre uomini proseguirono i controlli per una buona mezzora e questa volta, al termine, fecero un rapporto collettivo, a porta aperta . “ Nella camera da letto, dove i quadri sono spariti, vi sono molte impronte , il che rende questi rilievi non determinanti…” In quel momento Amanda Bailey si alzò per intervenire: “ Sì, da stamane qui c’è stato un gran via vai di persone: l’impresa di pulizie, la sicurezza, gli operai della ristrutturazione, gli allestitori della mostra, il fioraio per le piante ornamentali, le signore dei tendaggi, gli addetti al catering per il rinfresco. I quadri sono stati sistemati solo all’ultimo momento, portati direttamente su un furgone blindato dal caveau dove erano stati conservati , ma prima la villa è stata piena di gente, quindi non mi stupisce che molte mani possano aver toccato qua e là..” “ Chi sono stati gli ultimi a trattenersi all’interno prima dell’inizio dell’inaugurazione?” “ Mi faccia pensare …ecco, gli ultimi siamo stati io e la mia assistente. Ci eravamo fermate per dare un’ultima occhiata affinché tutto fosse a posto…subito prima di noi sono usciti gli addetti alla sicurezza e infine gli operai , che dovevano finire di sistemare alcuni regolini del soffitto, anche se il lavoro non è stato terminato per mancanza di tempo e sarà finito in serata”. “Abbiamo controllato tutta la casa, compreso solaio e tetto, senza trovare traccia dello scomparso. Però, ora che ci penso, c’è un posto da cui potrebbe esser scappato ed è una finestra non molto grande che dà sul balcone del pianerottolo al piano superiore. La si può raggiungere dall’atrio, salendo lo scalone. Proprio lì c’è una grande quercia e uno dei suoi rami arriva molto vicino alla balaustra” disse il più basso.
“ Giuliani, vada immediatamente a controllare!” tuonò il comandante. “ Sissignore, provvedo subito!” rispose il terzo uomo. Eravamo troppo curiose e così lo seguimmo, approfittando di un attimo di confusione che questa notizia aveva creato nel gruppo. In effetti in quella zona non c’erano telecamere e il ladro avrebbe potuto raggiungerla senza esser visto.
FINESTRE ED AFFINI
L’uomo ispezionò la finestra; spostò i tendoni lateralmente e rese visibili le ante, che risultavano accostate. Effettivamente essa si affacciava sul balcone della camera a fianco e calarsi di lì per raggiungerlo sarebbe stato un gioco da ragazzi. Da quel punto non sarebbe stato difficile arrivare al robusto ramo della quercia e approfittare del trambusto creato dalla scoperta del furto e da un attimo di distrazione della sicurezza per spostarsi sul tronco e, al momento opportuno, scendere nel giardino della casa vicina. Tuttavia i vetri, come quelli di tutta la villa, erano protetti da un’inferriata, cosa che rendeva quella pista cieca. Egli tornò quindi a riferire a Tuscoli, mentre Minerva , appena lui fu passato, volle vedere meglio di persona e mi incitò a salire per avvicinarci. Aprimmo la finestra e davanti a noi si rivelò un paesaggio meraviglioso. Da quel punto si poteva vedere gran parte della pianura. Fu istintivo per me esclamare: “Guarda! Si vede l’ospedale di Rivoli!”. Ma nell’allungare la mano per indicare, il polsino della maglia si agganciò alla grata di ferro, che come per magia, si stacco dal muro su un lato: era stata segata in modo impercettibile. Corremmo subito dal comandante, entusiaste della nostra scoperta, ansiose di poter raccontare quanto avevamo scoperto. “ Comandante! Comandante! La grata della finestra sullo scalone è stata segata!” disse Minerva trafelata. “ Mi sono appoggiata e si è staccata dal muro!” aggiunsi io. Tuscoli , senza esitare , si recò sul posto e i Ris non poterono che confermare la cosa. Poco dopo lo sentimmo parlare alla radio: “ Abbiamo accertato un furto a villa Cerruti a Rivoli. Il probabile sospettato dopo essersi appropriato di tre quadri antichi di piccole dimensioni, potrebbe essersi calato da una finestra ed essere fuggito attraverso il giardino della villa dei vicini. Allertare tutti i comandi e le unità delle forze dell’ordine di zona e predisporre al più presto posti di blocco ai caselli autostradali, presso l’aeroporto di Caselle e tutte le stazioni ferroviarie di zona. Seguirà immediatamente identikit”. Fummo subito tutti radunati in una stanza. “Ho bisogno del vostro aiuto. Mi serve immediatamente una descrizione dettagliata dell’architetto Visentin” annunciò il comandante. “Una persona oltre la sessantina direi…” cominciò il sindaco. “ Sì, di corporatura robusta , con capelli tendenti al grigio e un viso rotondo …” aggiunse la signora Amanda. “ Aveva anche occhiali, baffi e una barbetta appena accennata” precisò l’assessore. “Giacca blu dal taglio classico, camicia azzurra e pantaloni scuri” disse una persona. “ Sì , aveva anche un originale orologio dal cinturino giallo. L’ho notato perché sono appassionato di orologi” specificò il critico inglese Taylor. “Sempre sorridente! Chi si sarebbe mai aspettato questo da lui” concluse l’assistente.
“La sua auto?” “Una BMW serie 5 grigio scuro. Ne sono certa perché più volte mi ha accompagnato qui durante i lavori” disse la Bailey. Mentre Tuscoli segnava queste informazioni, io e Minerva guardammo distrattamente verso il cancello. “Ehi Fede! Ma quella non è l’auto di cui stanno parlando?” disse la mia compagna. “ Sembra proprio lei…forse conviene dirlo” risposi io. “ Mi scusi comandante , ma la BMW di Visentin è parcheggiata là fuori …non le pare strano?” osammo dire. “ No, perché dovrebbe esserlo? Se dovessi progettare un furto senza dare nell’occhio , per guadagnare tempo, lascerei la mia auto in bella vista e penserei ad averne un’altra per la fuga, magari nascosta in una via parallela” ci stroncò il ragionamento uno dei Ris. Tuscoli richiamò la centrale comunicando i dati raccolti , da inoltrare a tutte le pattuglie operative: “Cercate l’indirizzo dell’architetto Visentin e fate un sopralluogo a casa sua. Ah dimenticavo! Procuratevi i tabulati delle ultime telefonate che ha fatto e controllate quali cellule ha agganciato il suo cellulare: così conosceremo i suoi spostamenti”. Quando chiuse la comunicazione si rivolse a noi :“ A proposito ,qualcuno dei presenti ha il suo numero?” “ Sì, io comandante…se mi restituisce il cellulare , posso cercarlo in rubrica” rispose Amanda Bailey. Il comandante sparì per pochi secondi , per tornare poco dopo con un sacchetto pieno di telefoni, da cui la donna estrasse il suo. “Eccolo qui : 335-4142624”. “ Bene, facciamolo squillare e vediamo che succede” disse l’uomo . “Niente da fare: telefono spento o irraggiungibile”.
GIUNTI AL DUNQUE L’indagine sembrava a buon punto e ci aspettavamo da un momento all’altro di poter finalmente uscire di lì. Fuori dalla villa, nel frattempo si era radunata una folla di curiosi e giornalisti, che attendevano con ansia informazioni, per poter ribaltare la notizia ai telegiornali e sulla stampa. Noi non vedevamo l’ora di poter raccontare ai nostri compagni ed amici che avevamo contribuito a risolvere un caso. “Ancora alcune brevi formalità e poi potrete andare. Potete riprendere i vostri telefoni, ma vi chiediamo di non diffondere nessuna informazione sentita qui dentro “ annunciò Tuscoli. Vicino a me il critico francese tirò un sospiro di sollievo, come fecero le altre persone che avevo accanto e l’atmosfera si rilassò. Tuttavia passarono parecchi minuti e nessuno ci aveva ancora dato il via per andarcene. L’attesa iniziò quindi a diventare pesante, il sindaco cominciò a spazientirsi. Aveva altri impegni e non sopportava di essere trattenuto ancora, quando ormai la situazione era chiara. L’areo del critico russo sarebbe partito entro un’ora e la Bailey doveva spostarsi alla GAM per una conferenza stampa. Ad un tratto Minerva mi guardò e mi disse: “Ma tu sei convinta che un uomo così robusto e non più giovane come l’architetto possa
passare con agilità da quella finestra, saltare di sotto e arrampicarsi su un albero?” “ In effetti la cosa non sembra così semplice” pensai. “Hai capito quali sono i quadri rubati?” continuò. “ Non ne ho la più pallida idea” risposi “ma ricordo che in internet, c’erano delle foto delle stanze. Chissà, forse se le troviamo riusciamo a capire!” Non avevamo di meglio da fare e così per ingannare il tempo ci collegammo al web. Inserimmo sul motore di ricerca “ Villa Cerruti Rivoli” e ci apparvero subito le immagini di alcune sale , tra cui quella del furto.
“Ecco qua. Vedi, sono questi i tre quadri mancanti” dissi alla mia amica. “Interessante. Ma hai visto la foto della sala d’ingresso? Mi sembra diversa ” disse Minerva. “Diversa? E perché?” risposi io. “Non so dirti esattamente …”replicò lei. La esaminai attentamente , in effetti c’era qualcosa che non convinceva, ma non capivo cosa, quindi ci spostammo proprio lì con il cellulare in mano. Cercammo di capire da quale angolazione fosse stata scattata e ci mettemmo in quella posizione. Guardammo e riguardammo finché la lampadina si accese.
In internet sul pianoforte erano appoggiati molti vasi, cofanetti e statuette, ma davanti a noi ce n’erano meno della metà e questo ci sembrò molto strano. Chiamammo la signora Amanda e chiedemmo a lei, alla quale per poco non prese un altro coccolone. La Bailey diede un’occhiata generale ed esclamò: “ Per fortuna! Ho temuto il peggio! Per un attimo ho pensato che Visentin avesse rubato anche questi, ma invece sono solo stati spostati! Ecco, tre sono sul tavolo, altri due sono sul davanzale, uno è sulla sedia!”. Lei sembrava molto rassicurata , ma a noi la cosa non quadrava per nulla. “ Che sta succedendo qui?” irruppe Tuscoli. “ Abbiamo confrontato la foto su internet di questa stanza e la signora ci ha confermato che gli oggetti che sono sempre stati sul pianoforte sono stati spostati …ma per quale motivo? Non pensa sia meglio provare a guardarci dentro? ” dissi io. Il comandante chiamò subito i Ris: “ Aprite questo piano!” Tutti accorsero a vedere . La parte superiore fu sollevata e immediatamente apparvero i tre quadri scomparsi.
IL MISTERO SI INFITTISCE
“Se i quadri sono qui, che senso ha che Visentin sia scappato?” chiesi io ad alta voce, mentre tutti si avvicinavano al piano. La Bailey a destra, il sindaco a sinistra, dietro Tuscoli e l’assessore, davanti i tre RIS e tutt’intorno la gente comune, ognuno con la meraviglia sul viso. Per un attimo mi sembrò di vedere L’Adorazione dei Magi, lo dissi a Minerva e scoppiammo a ridere. Il comandante ci fulminò con lo sguardo. “I miei bambini!” esclamò quasi piangendo la Direttrice del museo, mentre la faccia di Tuscoli diventava scura e dubbiosa. “ Avrà pensato di nasconderli, per poi tonare in un secondo momento!” taglio corto il sindaco, ansioso di tornare a casa. “Ma perché allora sparire, facendo ricadere la colpa su di sé. Io sarei rimasta proprio per non esser sospettata!” ribattei io.
“ Ha ragione signorina. Qui è tutto da rifare!” concluse il comandante. La signora Amanda in quell’istante sollevò uno dei tre quadri e fu allora che Minerva notò qualcosa sul suo retro. “Guardate, cos’è quella scritta?” esclamò la mia amica. Il quadro fu girato e la direttrice lesse ad alta voce: “ che sono tutti di me meno snelli. A terra si appoggiano, ma io resto in piedi” “Che cosa significa?” disse l’assessore. “ Può girare anche gli altri due?” chiesi io. Tuscoli ne prese uno in mano e lesse: “Sono il più piccolo tra i miei fratelli” e subito dopo di lui continuò un RIS con il terzo :“ Comando l’orchestra, se cerchi mi vedi”. “ Sembra un indovinello ! Proviamo a comporlo!” disse Minerva. Trovare la giusta combinazione fu semplice :
SONO IL PIÙ PICCOLO TRA I MIEI FRATELLI CHE SONO TUTTI DI ME MENO SNELLI A TERRA SI APPOGGIANO, MA IO RESTO IN PIEDI COMANDO L’ORCHESTRA, SE CERCHI MI VEDI.
“Va bene, è un indovinello, e allora? Il signor Cerruti sarà stato amante dell’enigmistica!” esclamò Andrey Ivanov contrariato “ Noi stiamo qui a risolvere indovinelli , mentre io ho un aereo in partenza!”. “La soluzione sembra il direttore d’orchestra, non vi pare?” disse l’assessore. “Sì, gli altri sono seduti, lui sta in piedi, dirige l’orchestra…mi sembra semplice!” aggiunse l’assistente. “ Ma che senso può avere un indovinello così banale, diviso sul retro di tre quadri” rifletté ad alta voce Tuscoli. Fu allora che capii che alcune cose non quadravano. “È vero che il terzo e quarto verso fanno pensare al direttore d’orchestra. Ma il primo e il secondo? Non è detto che lui sia il più piccolo e neanche che i musicisti siano meno snelli di lui! E poi perché Cerruti avrebbe dovuto scrivere queste parole dietro tre quadri diversi ?” dissi. “ Già! E combinazione, proprio dietro ai quadri scomparsi. Non può essere una semplice coincidenza. Qui c’è sotto qualcosa!” aggiunse Minerva.
SVOLTA IN CHIAVE DI SOL
Quell’indovinello doveva assolutamente avere un significato. “Chi ha rubato quei quadri doveva sapere che dietro c’era scritto qualcosa, ma come aveva fatto a venirne a conoscenza?” dissi sottovoce a Minerva e lei per contro , citando la nostra professoressa di musica , esclamò: “ Signorina Maccabei, di che sta parlando lei?”. D’un tratto mi venne in mente quando la prof . ci aveva spiegato gli strumenti musicali e tra le varie famiglie si era soffermata su quella degli archi. Grazie alla scuola di musica che frequentavo, avevo visto molte volte un’orchestra. Chiusi gli occhi e cercai di immaginarmela. “ Ma certo! Viola, violoncello e contrabbasso appoggiano a terra, mentre l’unico a non farlo
è il violino!” esclamai. “ Hai ragione! E la Barco ci ha spiegato che in assenza del direttore, il primo violino può dirigere l’orchestra!”. “ Pensi anche tu, quello che penso io?” dissi. “ Sì, sono sicura di aver visto degli strumenti da qualche parte!” mi rispose Minerva. “ Certo, nella stanza da letto dove hanno rubato i quadri! Andiamo!”. In un attimo fummo sul posto. Proprio sulla parete anteriore della nicchia, sopra il letto, era appesa una composizione con un violino. La osservammo con attenzione e decidemmo di prendere una sedia, per salire e poterci arrivare. Eravamo in posizione: Minerva reggeva con energia la poltrona, mentre io mi stavo allungando per raggiungere il violino, quando entrò la Bailey: “ Cosa state facendo?! È una sedia del 1861!”. Il suo urlo fu così forte, che sobbalzai , persi l’equilibrio e istintivamente mi appesi al violino. In quell’istante si sentì uno strano rumore e nel muro si spalancò uno sportello segreto, al cui interno spuntò una quantità di lingotti d’oro. Io e la mia amica restammo senza parole, lei attaccata allo schienale ed io aggrappata al violino, la Bailey gridò: “ Comandante, venga qui!” e subito accorsero tutti. “Dunque l’indovinello racchiudeva l’indicazione per trovare un tesoro!” esclamò Tuscoli. “ Benissimo! Allora il mistero è risolto” “E possiamo andare!” aggiunsero Sindaco e Ivanov , che non ne potevano più ed erano sulle spine. “Un momento, signori! Direttrice , lei era a conoscenza del fatto che Cerruti nascondesse questi beni nella villa?” “ No, io non ne ho mai sentito parlare e anche nel testamento non c’è nessun riferimento. Si parla chiaramente del patrimonio artistico , ma non di denaro , né di oro” rispose la donna. “Grazie alle ragazzine, abbiamo fatto un passo avanti, ma mancano ancora parecchi tasselli. Chi ha preso i quadri doveva conoscere l’esistenza di questo oro. Ma dove può averlo saputo? Inoltre a questo punto, Visentin non aveva ragione di scappare, e quindi dov’è?” ci guardò con aria interrogativa Tuscoli. Ormai anche gli altri due critici d’arte Taylor e Gerì, che fino ad allora non si erano mai lamentati, cominciarono a borbottare. Eravamo tutti stanchi, ad ogni passo la soluzione sembrava allontanarsi invece di venirci incontro. Il sindaco e l’assessore si buttarono sconfortati su un divanetto del ‘700. La signora Amanda stava per rimproverarli, ma poi si rese conto che sarebbe stato inutile : in quella villa non c’era sedia che non fosse un pezzo d’antiquariato e non potevamo di certo stare in piedi. Purtroppo eravamo di nuovo punto e a capo.
TRA SPECCHI BAROCCHI
Non era il momento per mollare, avevamo letto tanti libri gialli e Minerva aveva visto decine di serie investigative, così ci mettemmo a riguardare le foto della villa su internet. Fino ad allora ci eravamo concentrate sull’ingresso e sulla camera da letto, ma non avevamo osservato la sala barocca piena di specchi. Riuscimmo a notare il trepiedi del fotografo su un lato, ma ad un tratto un particolare catturò la nostra attenzione. In una piccola porzione di specchio, proprio all’altezza del tavolo, appariva un pomello, che però non sembrava il riflesso di un cassetto esistente. Così decidemmo di andare nella sala per capire cosa fosse. La sorpresa fu grande, quando scoprimmo che non si trattava di un mobile specchiato, ma di un minuscolo tiretto , realizzato proprio nel vetro. Lo aprimmo e dentro trovammo
un’agenda. Era sicuramente del signor Cerruti e conteneva una serie di appunti. Verso la fine notammo una pagina quasi del tutto strappata, dove però si leggevano ancora alcune parole del titolo: “Come aprire lo scomparto segr” . Le idee furono chiare: qualcuno aveva trovato l’agenda, aveva letto le indicazioni per individuare i quadri e aprire lo sportello ed aveva strappato il foglio. Ma chi aveva potuto fare tutto questo? Visentin aveva avuto accesso alla villa durante la ristrutturazione, avrebbe potuto trovare l’agenda, ma poteva cercare altre occasioni meno evidenti per prendere l’oro. E poi perché era sparito? Era come ammettere di essere il colpevole, senza tra l’altro aver messo in tasca niente. No, ancora una volta le cose non quadravano. Portammo il libro al comandante , che lo sfogliò lentamente, mentre io ripresi a guardare le foto della villa su internet. “ Ma che scema! Come ho fatto a non vedere una cosa così evidente!” esclamai nel silenzio generale. Minerva mi osservò stupita . “ Qui, proprio qui! La porta riflessa! Vede comandante? Se ricorda, ci hanno fatto entrare pochi per volta in quella piccola stanza perché aveva una porta sola. Se guarda la foto, l’entrata è lì nel centro della parete in fondo. Ma sulla parete di fronte, riflessa nello specchio a destra, si vede chiaramente un’altra porta”.
“ A quando risale quella foto?” chiese Tuscoli. “ Aspetti che controllo…l’articolo è del 2017” risposi. “ Quindi prima della ristrutturazione!” aggiunse Minerva. Il comandante chiamò i RIS e si avviò verso la stanza. Perlustrarono la parete e percepirono un lieve dislivello, ma non c’erano maniglie. Minerva li raggiunse e cominciò a guardarsi intorno: “L’unica è provare a toccare tutti gli oggetti nella zona. Se quella porta esiste, sicuramente per aprirla ci sarà un meccanismo simile a quello della camera da letto”. Tanto cercarono che finalmente sentirono un’applique ruotare e immediatamente un “tac” sbloccò l’apertura, rivelando uno sgabuzzino. L’architetto era lì, accasciato a terra, con la testa sanguinante, privo di conoscenza, ma vivo. Accanto a lui un pesante candelabro dorato e poco più in là il cellulare, chiaramente pestato.
“ Noooo! Il candelabro del ‘600 della Chiesa dell’Annunziata dal valore inestimabile” si precipitò urlando Amanda Bailey noncurante del ferito. Ecco trovato Visentin, che in quelle condizioni non poteva certo essere il colpevole. Tuscoli cercò di rianimarlo ed egli si svegliò, rimanendo tuttavia intontito e incapace di parlare. Guardai Minerva: “Non c’è dubbio: l’architetto deve essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e deve aver visto qualcosa che non doveva vedere”. In quel momento mi venne in mente la foto scattata dal giornalista. L’uomo era l’unico a non guardare in avanti. Cosa aveva attirato la sua attenzione?
UN PIANO BEN STUDIATO
Chiedemmo a Tuscoli di poter rivedere la foto sulla Reflex. Visentin , senza ombra di dubbio, stava guardando nella direzione di Andrey Ivanov. Il comandante fece chiamare la direttrice Bailey. “ Mi dica, signora Amanda, lei conosce da molto tempo il critico d’arte russo Ivanov?” “ Beh, proprio conoscerlo non direi. È la mia assistente che ha steso l’elenco delle personalità da invitare all’inaugurazione. Non è vero Adele?” alzò la voce per farsi sentire. L’assistente accorse subito: “ Dica, signora !” “ Stavo spiegando al comandante che è stata lei ad invitare Ivanov oggi “ continuò. “ Io? No. Pensavo fosse stata lei! Si ricorda, circa due mesi fa, eravamo qui alla villa, io avevo il notes con tutta la lista delle cose da fare e delle persone da contattare, l’edificio era ancora sottosopra per la ristrutturazione e non sapendo dove appoggiarci, lo lasciai su quel davanzale. Quando rientrai in ufficio , trovai in fondo all’elenco il nome di Andrey Ivanov con il suo indirizzo e convinta che l’avesse aggiunto lei, ho mandato l’invito”. In quel momento fu tutto chiaro. Tuscoli chiamò i RIS : “ Radunate tutte le persone nell’atrio : abbiamo importanti novità” In pochi minuti tutti arrivarono. Io e Minerva guardammo imploranti il comandante: “Per favore, possiamo provare a spiegare noi? La prego!”. L’uomo da serio si fece più disponibile: “Bè, dopotutto è grazie a voi due, che i tasselli del puzzle si sono incastrati, quindi prego! A voi la parola!”. Cominciai senza esitazione: “ C’è un’unica persona tra noi che può aver fatto tutto questo. Una persona che ha avuto tutto il tempo e il modo di conoscere a fondo la villa e di muoversi all’interno senza problemi e questa persona è lei , signor Andrey Ivanov”. “Io? Ma state scherzando? Che cosa ridicola!” disse l’uomo con accento russo. “ Purtroppo per lei, no” continuò Minerva. “ Lei ha lavorato in questo luogo per mesi come operaio e probabilmente in uno dei suoi lavori di ristrutturazione ha scoperto il cassetto dove era custodita l’agenda. Là sopra , nella pagina che poi ha strappato, erano contenute tutte le indicazioni per trovare i lingotti d’oro”. “ Sciocchezze, io sono un critico d’arte e non un operaio e poi se anche fosse, avrei avuto tutto il tempo per trovarlo. Perché aspettare l’inaugurazione?” interruppe Ivanov. “Perché i quadri sono stati portati solo oggi dal caveau con il blindato e prima non avrebbe potuto leggere le scritte dietro le tele. Oggi per lei sarebbe stato l’ultimo giorno di accesso alla villa! Non è vero comandante?” dissi con fermezza. “ Già , la signora Bailey mi spiegò che il lavoro dei regolini non era stato terminato e
l’impresa avrebbe provveduto stasera” disse Tuscoli. “ Lei ha appositamente lasciato alcuni lavori in sospeso per avere un pretesto per entrare questa mattina . E guarda caso si tratta di lavori da svolgere in alto, ad altezza telecamere !” continuai . “ Grazie alla scala non le sarà stato difficile usare lo spray sugli obiettivi per oscurarli” incalzò Minerva. “ Sciocchezze!” sbuffò il critico. “ Sempre durante il suo lavoro ha scoperto la porta dello sgabuzzino nella sala degli specchi: apertura che nessuno conosceva. Ma all’epoca non pensava che le sarebbe servita e quando l’assistente della direttrice, un paio di mesi fa, lasciò incustodito sul davanzale il notes con tutte le cose da fare per l’inaugurazione, lei lo vide e le venne la geniale idea di aggiungere il nome Andrey Ivanov tra gli invitati, per poter agire indisturbato durante l’evento di oggi”. “Subito dopo decise di segare l’inferriata per far credere agli investigatori che il ladro fosse scappato con le opere d’arte e spostare l’attenzione lontano da qui”. “ Oggi ha quindi nascosto i quadri nel pianoforte , convinto che nessuno se ne sarebbe accorto e stamattina ha appositamente lasciato a metà il lavoro dei regolini, per poter tornare in serata a concluderlo , leggere con comodo le scritte e trovare i lingotti, quando tutti fossero andati via” Aveva progettato un bel travestimento , ma non poteva immaginare che Visentin l’avrebbe riconosciuta, durante la foto all’ingresso. Così si è ricordato dello sgabuzzino, luogo preziosissimo per toglierlo di mezzo e portare a termine il suo piano” aggiunsi io. “ Quando ci han fatti entrare a gruppetti lei ha fatto in modo di essere nell’ultimo con lui . Dopo di che ha lasciato uscire tutti e appena siete rimasti soli, approfittando del fatto che noi eravamo impegnati ad ammirare i quadri nel lungo corridoio, l’ha colpito con il candelabro e nascosto là dentro!” proseguì il comandante. “Bastò un attimo per pestare il suo cellulare, in modo che non fosse rintracciabile e raggiungere la visita guidata. Senza volerlo , la scomparsa dell’architetto, avrebbe portato gli investigatori proprio sulla strada a cui lei aveva pensato” continuò Minerva. “ Ed ora vogliamo vedere la sua vera faccia!” si avvicinò minaccioso uno dei Ris, strappandogli dal viso baffi e parrucca. “È vero, sono stato io” disse l’uomo. “Quando ho trovato quell’agenda non potevo credere ai miei occhi. È da quando sono un ragazzino che faccio il muratore. La mia famiglia è in difficoltà e avrei potuto aiutarla e cambiare vita. Ho un amico moldavo ed è da lui che ho imparato a parlare con questo accento. Poteva essere la mia grande occasione, ma quando Visentin mi ha riconosciuto non ho più capito nulla. Non doveva andare così e non avrei voluto fargli del male : è grazie a lui se lavoro, ma non sapevo cosa fare e preso dal panico l’ho colpito”. “ Chissà, probabilmente avrebbe potuto essere un piano perfetto! Ma purtroppo è andata male” disse Tuscoli e poi rivolgendosi a tutti aggiunse : “ Siete finalmente liberi di lasciare la villa!” Sindaco , assessore e direttrice si precipitarono fuori , ma piuttosto che correre ai loro impegni , li vedemmo più interessati a rilasciare interviste ai giornalisti. Mentre gli agenti entravano per arrestare il colpevole e noi uscivamo, sentimmo il
comandante chiamarci: “ Ehi, signorine! Non pensate di svignarvela cosi! Vi aspetto in caserma a Rivoli…diciamo… tra una settimana , con tutta la vostra classe , i vostri genitori e la professoressa là fuori!”. “ Sarà fatto signore!” rispondemmo con un sorriso.
EPILOGO
“ Signorine Endolo e Ambrosio , per le vostre capacità intuitive, per il vostro spirito di osservazione e per l’entusiasmo con cui avete fornito il vostro aiuto alle indagini , vi nominiamo Detectives onorarie di supporto” annunciò Tuscoli in alta uniforme. Questa volta la parola “Signorine” suonava decisamente bene . Io e Minerva ci guardammo con soddisfazione. La sala operativa era piena di agenti, la professoressa era orgogliosa , i nostri genitori emozionati , i compagni applaudivano con energia e in quel momento ci fu chiaro cosa avremmo voluto fare nella vita: le investigatrici.
Sitografia:
Immagini e notizie specifiche inserite nel giallo sono state prese dalle seguenti fonti internet:
Articolo Cerruti e il Bello, un’ossessione da togliere il sonno Pubblicato da Emanuela Minucci il 08/07/2017 su LA STAMPA CULTURA www.lastampa.it
Articolo: Il Castello di Rivoli gestirà la collezione Cerruti: un dialogo d’arte tra passato e presente Pubblicato da Laura Cardia 7/10/2017 Blog ROTTA SU TORINO
Articolo: Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte pubblicato da Fabio Cafagna il 16/10/2017 www.flashartonline.it
Sito internet del Castello di Rivoli https://www.castellodirivoli.org/collezione-cerruti/

 

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THE GAME (di Valentina Alessio, Eva Dioli, Noelmi Luponi, Francesca Peccerella e Francesca Tadini dell’Istituto Natta)

CAPITOLO 1 (passato)

Finalmente avevamo finito di risolvere questo caso, era da più di un mese che si andava avanti con quella storia. Alla centrale eravamo tutti frustrati dall’impegno che aveva richiesto questa indagine, ma alla fine i nostri sforzi erano stati ripagati; devo dire che amo davvero questo stage…penso potrà anche essere il mio futuro lavoro, e pure quello di qualcun altro:Rog (Roger, il mio migliore amico); di tanto in tanto gli capita di avere la sensazione di sentirsi fondamentale nelle indagini, o così dice lui. Rog è basso, mingherlino e simpaticissimo, e a volte un po’ stupido. Ma è il mio migliore amico ed è il miglior risolvi-enigmi che io conosca. È lui a districare i rompicapi peggiori qui alla stazione di polizia. Starebbe meglio all’FBI.

Lo riaccompagnai a casa in sella alla mia bicicletta rosso fiammante e mi avviai verso la mia di casa, nella speranza che nessun gatto avesse fatto di nuovo i suoi bisogni sullo zerbino. Entrato, feci per guardare se qualcuno mi avesse scritto, e, con un tempismo perfetto, mi squillò il telefono: era Aira, anche lei dice di essere la mia migliore amica; io vorrei fosse qualcosa di più ma…va beh ci siamo capiti. Non ho ancora avuto il coraggio di dichiararle i miei sentimenti.

“Ciao Tyler tutto bene?”

“Ehi ciao. Bene tu?”

“Non c’è male. Ma volevo chiederti una cosa…”

“Dimmi pure”

“Sta sera ci sarebbe una festa, al pub all’angolo, e viene molta gente… mi chiedevo se avessi voglia di venire anche tu?? Sai, potremmo conoscere un sacco di personcine ‘fighe’.”

“Va bene ci sto”

“Perfetto allora troviamoci lì fuori alle sei e mezza…ah mi sono scordata di dirti che mi sono permessa di invitare anche Rog.”

“……ah. Ok. Allora vorrà dire che avremmo compagnia”

“Grande amico! Questo è lo spirito! Ciao a più tardi!”

Uff, sempre le solite conversazioni. Mai una volta che casualmente e inaspettatamente le scappi di dirmi che mi ama…mai. Ma mi decisi: sarei stato io a dichiararmi quella sera stessa, a qualunque costo! Mi tirai completamente a lucido, e come tocco finale misi anche un po’ di quel profumo da uomo che mio padre mette sempre nelle occasioni importanti: un vero tocco di stile lo definisce lui.

Come prestabilito alle sei e mezza ero davanti all’ingresso del pub e ci trovai anche Rog, sbadato ma sempre puntuale; il contrario di Aira, che nonostante sia perfetta arriva sempre in ritardo di almeno dieci minuti ad ogni appuntamento. Ma è una cosa che sono disposo a sopportare pur di vivere con lei per il resto dei miei giorni…ok forse sto correndo un po’ troppo. Alzo lo sguardo ed eccola che arriva, con il suo passo aggraziato, che si dirige verso di noi un po’ affrettata. Non cambierà mai….

Aira sempre stata una ragazza perfetta, la ragazza che qualsiasi uomo desidererebbe: non beve, non fuma e poi è bella, anzi bellissima, sembra una principessa, ma non di quelle bionde con gli occhi azzurri e che hanno bisogno di un uomo alto e possente al loro fianco per sentirsi protette…nah. Lei ha i capelli neri come la notte, lisci, lunghi e sempre profumati; gli occhi di un verde smeraldo intensissimo. Il viso è rotondo e le guance estremamente morbide e di un colorito roseo; il fisico è quasi come quello di una modella: magra, alta ed elegante nei movimenti. Ma l’apparenza inganna, perché dentro è una bomba pronta ad esplodere: sempre energica, testarda, simpaticissima e piena di vita. Forse questo è uno dei primi motivi per cui la amo alla follia: Aira è qualcosa di completamente inaspettato, come una meteora che arriva dal cielo e si schianta sulla Terra, fa davvero tanto baccano!

Ricordo lei più bella che mai quella sera, con il suo vestito nero né troppo corto né troppo lungo, né troppo sciatto né troppo attillato. Era lì, in mezzo alla pista da ballo, si scatenava, ma riusciva a mantenere a bada tutti quegli ormoni maschili; ogni tanto si girava nella mia direzione, io le facevo un cenno e le sorridevo, allora lei, sicura di non essere sola, riprendeva la sua danza, quasi senza fine. Ma io non mi stancavo mai di guardarla, non le scollavo gli occhi di dosso, anche se ero insieme a Rog, a parare, entrambi con una bottiglia di birra in mano. Come ad ogni festa d’altronde. Però nell’aria c’era qualcosa di diverso, mi sentivo immensamente pieno di coraggio, forse era solo per il fatto che quella sera mi ero deciso a parlarle, così mi alzai insieme al mio amico, che stava per vomitarmi sulle scarpe, e poi… un blocco, buio totale per un’ora circa. Ricordo vagamente di essere uscito barcollante dal bagno e non riuscii a scorgere il viso di Aira in mezzo alla gente. Ero triste, non ero riuscito a parlarle nemmeno in quell’occasione.

La sera ho riportato Rog a casa (svenuto) e, oltre a subire la ramanzina dei miei e dei suoi genitori, ho pensato pensato e ripensato ad Aira. Non so per quale motivo, dato che lei è sempre lucida ad ogni festa, ed è sicuramente più responsabile di tutti quelli che c’erano al pub, so solo che quella notte non ho chiuso occhio.

La mattina dopo mi sono alzato, in preda al panico per non aver ricevuto risposta di Aira ai miei messaggi. Sono andato verso scuola e, entrato in classe, sentivo come gli occhi di tutti puntati addosso. Ho retto il gioco per un po’ ma alla fine sbottai infastidito: “Si può sapere cosa diamine succede qui?!”; alcune ragazze si consultarono, e poi una bassetta annunciò per le altre:”Sappiamo che tu sei molto amicocon Aira, ma non sappiamo come dirtelo…..” io non ne potevo più di quell’attesa: non sono mai stato un tipo paziente, e la mia compagna di classe lo sa, perciò annunciò tutto d’un fiato: “stamattina alla stazione radio cittadina hanno annunciato che una ragazza di diciotto anni è scomparsa. Hanno pure detto il nome: Aira Field”.

Vuoto. Solo e soltanto vuoto. Le voci degli altri mi sono sembrate cosìdistanti…. riuscivo solamente a sentire il calore di qualcuno che mi abbracciava. Nulla più a fuoco. Tutto così confuso. In un attimo ho sentito le forze che mi abbandonavano e poi più niente.

 CAPITOLO 2

Ed eccomi qua. Sulla barella dell’infermeria della scuola, come un rammollito. Sono sveglio da un po’ ormai ma tengo gli occhi chiusi nel caso passi qualche bidella in corridoio.Fare un bel riassunto di quel che è successo in questi due giorni mi ha aiutato a riorganizzare un po’ le idee. Scherzavo, fa tutto schifo. E ora arrivano pure i sensi di colpa…Se non mi fossi ubriacato l’avrei tenuta d’occhio, se l’avessi tenuta d’occhio l’avrei potuta aiutare in caso di necessità e può darsi che questo non sarebbe successo. Ho sbagliato, lasciare da sola una ragazza così affascinante ad una festa in un pub pieno di testosterone non è di certo una cosa coscienziosa.

Dopo i sensi di colpa iniziano le domande razionali, dopotutto sono un aspirante poliziotto; magari si è ubriacata per la prima volta ed è svenuta da qualche parte, o forse qualcuno se l’è portata a casa nella speranza di ricavarci ‘qualcosa’. Ma queste due opzioni sono subito scartate dalla mia mente, perché Aira è una ragazza troppo sveglia e con un grande senso del dovere, non si sognerebbe minimamente di saltare un giorno di scuola, o anche di scappare, non è una che si fa abbattere dai problemi.

A questo punto so che c’è solo una cosa da fare: investigherò io personalmente; modestamente sono uno degli aiuto-poliziotti più svegli che ci siano qui a Springdale, o forse anche nell’intero Utah. Ok non sono molto modesto. Ma adoro investigare e poi si tratta di Aira, la mia Aira. Quindi qualunque cosa succeda io la riporterò a casa, perché sì, qui dietro c’è lo zampino di qualcuno di cui lei non mi aveva parlato…Così, dopo aver riordinati tutti i fatti, decido di passare all’azione, mi alzo dal letto e guardo l’ora: l’una, ho davvero dormito per tutto questo tempo? Non posso permettermi di sprecarne altro. Può darsi che ogni minuto per Aira sia un’eternità di torture e soprusi. Sto partendo già con il piede sbagliato.

Esco dalla stanza quasi di soppiatto, e, attraversato il primo corridoio, inizio a correre; forse non è proprio il massimo per una persona appena risvegliata da uno svenimento, ma c’è qualcosa di più importante al momento…Arrivo nell’atrio e trovo solo Roger ad aspettarmi, e anche lui sembra preoccupato tanto quanto me. Gli spiego velocemente il mio piano, lui ascolta: è sempre stato bravo in questo, più di me di sicuro.

“Ok quindi cosa vuoi fare?” mi chiede infine.

“Penso che dovremmo cavarcela da soli”

“Anche io l’ho pensato ma non siamo così attrezzati come una vera squadra di pattuglia…”

“Lo so ma non possiamo certo chiederlo ai poliziotti, hanno altro a cui pensare”

“Ok signor Capo, quindi cosa intende fare?”

“C’è la caveremo da soli, iniziando dall’andare sulla scena del delitto”

“Senti per una volta la potresti smettere di usare tutti questi termini tecnici? Non ti si addice”

“Va bene, ma a una condizione: la bici la guido io”

“Ei vacci piano con le tue condizioni. L’ultima volta è stata l’auto a venire addosso a me, non io ok?!”

Rido. Lo ringrazio infinitamente di essere qui, Roger è speciale nel suo piccolo: è una di quelle persone che mi porterei in guerra, una persona forte, all’apparenza stupida, ma che dentro ha un grande potenziale. È sorprendente come riesca a strapparti un sorriso anche nei momenti più disperati…Rog non ha la madre. Mi ricordo quando eravamo piccoli, al suo funerale, il padre era distrutto: quella donna era simile a Rog sotto molti aspetti, solare e simpatica. Lui quel giorno non pianse, anzi, alla fine del funerale gli chiesi se stesse bene e lui mi rispose che anche se la sua mamma non era più lì con lui lo accompagnava sempre, la sentiva vicino. Si può pensare che dei bambini di sei anni siano troppo infantili per rendersi conto del senso della morte, ma Rog non lo era. Lui ne era pienamente consapevole, lo percepivo da come ne parlava, ma probabilmente ha una sorta di senso del dovere nei confronti delle altre persone, infatti chi conosce Roger Pattinson può dire di aver conosciuto la vera felicità.

Arriviamo al pub un’ora prima che chiuda e iniziamo a frugare dappertutto. Abbiamo raccolto ogni genere di possibile indizio, dalle payette alle bottiglie rotte…ma niente. I proprietari ci conoscono bene, sanno che aiutiamo la polizia e hanno sentito anche loro la notizia alla radio, quindi ci lasciano fare senza disturbare. Cerchiamo sotto ai tavoli, alle sedie, dietro ai quadri, in cucina, tra l’avanzo degli alcolici. Per fortuna in questo locale non mettono a posto dalla sera prima, quindi ogni possibile traccia è dove è stata lasciata. Mi avvicino al bancone da bar, guardo tra gli alcolici e annuso le bottiglie una ad una; una bottiglia cattura la mia attenzione perché ha un odore diverso dalle altre come se ci avessero messo della droga all’interno. Probabilmente l’hanno sciolta dentro a inizio serata, quando tutti avevano ancora un briciolo di dignità.

Sollevo la bottiglia e faccio per chiamare il proprietario, ma noto qualcosa staccarsi dal fondo con la coda dell’occhio. La raccolgo: ha una serie di numeri scritti in stilografica, ma non è un numero di telefono; migiro nella direzione di Rog, al tavolo, sommerso da una marea di cianfrusaglia, ma lui già mi guarda, e mi basta un rapido movimento degli occhi verso la porta per capirci all’istante. Mi infilo la bottiglia sotto alla felpa, incrocio le braccia davanti al petto, saluto di sfuggita i padroni di casa per non destare sospetti e usciamo il più rapidamente possibile.

Ce l’abbiamo fatta, quella che sembra una possibile traccia ora è in mano nostra. Ma quando la guardiamo bene ci rendiamo conto che non riusciamo a capire niente. E a quel punto capiamo che chiunque sia il Giocatore, così si è firmato, sta giocando con noi, e probabilmente si diverte pure, ma noi no. Percepisco che anche Roger è molto teso e allo stesso tempo ostile verso qualunque sconosciuto possa anche solo avvicinarsi.

Ma il signor Giocatore deve saper che non è l’unico a cui piace giocare.

CAPITOLO 3

Coordinate 39°05’02.4’’Nord 77°09’09.94’’West.

Siamo entrambi davvero confusi, quasi spaesati. Non sappiamo cosa pensare: sarebbe prudente andare da soli a cercare un possibile serial killer? Forse è il caso di chiamare un adulto che ci aiuti? Cosa vuole questo tizio? Ma soprattutto, perché ha rapito Aira?!

Non importa. Ritorno alla realtà e per rincuorarmi penso che se devo morire questo è il modo migliore, o quasi. Prendo Rog per un braccio, ancora stordito, e lo aiuto a salire in bici. Vado più veloce che posso, con ancora la bottiglia sotto alla felpa, finché non arriviamo a casa mia; saliamo le scale a tutta velocità, accendo il computer e, con un programma installato appositamente da Roger (non dovremmo averlo dato che viene utilizzato solo dalla polizia, ma ok), inserisco le coordinate e appare un posto davvero singolare: Rockville. Non è tanto lontano da Springdale, ma mai mi sarei immaginato che il Giocatore voglia farci andare in una cittadina del genere. Rockville è il genere di posto in cui nessuno vorrebbe vivere: umida, nuvolosa e senza nulla in particolare, una città come un’altra insomma.Guardo Rog in cerca di conferma, e anche lui è convinto che sia necessario aiutare la nostra amica, così, consapevoli che la bici si sarebbe sicuramente fusa nel tragitto, decidiamo che avrei guidato.

Mio padre è sempre stato molto affezionato alla nostra Audi, e ora io la stavo per portare all’inferno, dato che la patente, nonostante io abbia diciotto anni, ancora non ce l’ho. L’unica volta in cui ho provato a mettermi al volante ho investito la gallina.

Ci mettemmo tutta la giornata per arrivare a Rockville, durante il tragitto mi sentii osservato;ma non ci diedi peso.A risvegliarmi dai miei pensieri è il rumore di un messaggio dal telefono diRog, istantaneamente mi giro in cerca del suo sguardo e mi rendo conto che quello che sta leggendo lo turba. Intanto mi avvicino a lui per vedere che cosa c’è scritto nel messaggio per farlo reagire così;appena vedo quelloche c’è scritto ho la sua stessa reazione.

Il mittente è anonimo, il messaggio dice:

REGOLE

  1. NON DOVETE PER NESSUNA RAGIONE ANDARE A DIRE QUALCOSA ALLA POLIZIA;
  2. I LUOHI DOVE SI TROVERANNO I MESSAGGI POTRANNO RIPETERSI UNA E UNA SOLA VOLTA;
  3. SE NON RISPETTERETE QUESTE REGOLE, NE PAGERETE LE CONDEGUENZE

P.S.  Vi scriverò qui solo per necessità.

IL GIOCATORE

 Turbati dal messaggio ricevuto ci dirigiamo verso un pub “la Belle époque”, per schiarirci le idee e ragionare su tutto quello che è successo. Appena arrivati al pub ci sediamo al bancone, e Rog ordina due birre, appena il barman si sposta per andare a prendere le birre, mi volto verso di Rog e gli dico:

“Rog, a pensarci bene è tutto iniziato in un posto identicoa questo…”

“Si, lo so Tyler manca anche a me Aira ma questo non significa che dobbiamo abbatterci, siamo sempre più vicini a scoprire dove si trova.”

“Ma come fai a essere così convinto di tutto ciò? non hai paura che gli accada qualcosa; mentre noi stiamo facendo questo stupido gioco? che ne sai se alla fine ci porterà da lei, perché ne sei così sicuro?”

“Io non ne sono sicuro ma ho la sensazione che la persona che l’ha rapita non le vuole fare del male…non a lei credo.”

Le sue ultime parole mi fanno rabbrividire, cosa voleva dire Rog con“non a lei credo”, sto impazzendo basta, mi devo distrarre un po’, prendo la mia birra e ne bevo un sorso; ho deciso per sta sera niente più gioco, mi devo distrarre un po’. Però i miei piani vengono di nuovo rovinati, perché appena mi giro verso Rog noto che sul fondo del suo bicchiere c’è un biglietto.

Di colpo blocco la mano di Rog, che stava prendendo il bicchiere per bere un sorso, gli strappo il bicchiere dalle mani e verso tutto il contenuto nel mio bicchiere; Rog mi guarda con uno sguardo di fuoco, lamentandosi che quella era la sua birra, ma appena vede quello che ho trovato si zittisce e torna a sedersi sullo sgabello. Il biglietto è come quello del primo indizio, difatti dentro c’è scritto:

“Ora l’enigma fondamentale… “

 CAPITOLO 4

“Ora l’enigma fondamentale… se la ragazza volete trovare prima un indizio dovete cercare. L’indizio si trova dove per la prima volta avete iniziato a giocare.”

Dopoaver letto il biglietto penso che si riferisca al pub dov’è scomparsa Aira, ma Rog mi fa subito ricredere:

“Tyler, pensa un secondo a tutto il gioco dall’inizio; ad ogni biglietto trovato e anche ad ogni messaggio”

Mi cervellati ma non capii proprio a che cosa si riferiva ma poi mi venne in mente il messaggio, dove c’erano tutte le regole, e gli dissi:

“Ah… si, adesso ricordo il messaggio con le regole! Al secondo punto se non erro c’era scritto che i luoghi dove si trovano i messaggi, potevano ripetersi una sola volta, quindi vuoi dire che dato che il primo indizio lo abbiamo trovato al pub dove è scomparsa Aira, questo biglietto non si riferisce al pub ma ad un altro poto, giusto?”

“Sì, Tyler intendevo proprio quello ma adesso pensiamo un secondo dove dobbiamo andare per trovare il prossimo indizio. Secondo me dovremmo focalizzarci sulle ultime parole …  INIZIATO A GIOCARE… Dove abbiamo iniziato a giocare per la prima volta?”

C’è un attimo di silenzio, ma non un silenzio imbarazzante ma un silenzio che ci aiuta a riflettere; e mi viene in mente di quando da piccoli tutti e tre andavamo a giocare al parco:

Mi ricordo che un giorno quando avevo 3, andai al parco accompagnato da mia madre, appena arrivai al parco mi diressi verso la sabbiera, che era il gioco più divertente che c’era secondo me.In quella sabbiera stavanogià giocando un bambino e una bambina, dato che io non avevo voglia di giocate da solo mi avvicinai al bambino, che era minuto e un po’impacciato, quel bambino era Rog.Insieme al mio nuovo amico andammo dalla bambina che stava giocando lì da sola, quella bambina era Aira, quanto mi manca…. giocammo tutti e tre insieme, da quel giorno non ci siamo più separati fino ad ora. Era davvero bello il parco con tutti i suoi alberi verdi che recintavano i giochi e il prato verde che sembrava infinito.

Non è cambiato nulla, è tutto come me lo ricordavo dai giochi agli alberi e al prato che adesso non si vede tanto per il buio, io e Rog decidiamo di andare a guardare tra i giochi per vedere se è lì che il giocatore ha nascosto l’indizio. Controlliamo tutto: lo scivolo, le altalene, il dondolo, manon troviamo nulla, speriamo allora che si trovi nella sabbiera dato che è l’unico posto in cui non abbiamo cercato; iniziamo a scavare nella sabbia per trovare il biglietto.

A un certo punto sento Rog chiamarmi:

“Tyler, Tyler l’ho trovato era sottola sabbia! “

Esclama tutto agitato Rog, perché non vede l’ora di leggere che cosa c’è scritto nel biglietto e trovare Aira. Sul biglietto c’era scritto:

“Il DIAVOLO sarà la vostra meta.”

Il Giocatore

Non riusciamo a capire che cosa intende per “il DIAVOLO sarà la vostra meta”, quindi decidiamo di andare ognuno a casa propria, per schiarirci le idee e ci diamo appuntamento qui domani mattina.

CAPITOLO 5

Al parco, ora io e Rog siamo qui seduti su una panchina per cercare di capire che cosa significa quello che c’è scritto sul biglietto e dove sarà il prossimo indizio. Dato che non riusciamo a capire quello che c’è scritto decidiamo di rilassarci un attimo e iniziamo a parlare, Rog se ne esce così:

“Ah… preferirei decisamente essere a scuola in questo momento”

E come se mi si fosse accesa una lampadina mi viene in mente a che cosa si può riferire la frase che c’è sul biglietto.

“La scuola ecco !!”

Esclamai urlando beccandomi un’occhiataccia dai passanti e uno sguardo interrogativo da parte di Rog, che mi ha preso per pazzo, quindi spiegai:

“laScuola ha più di settecento aule giusto?”

“Si, credo perché?”

“non fare domande prima lasciami spiegare, poi dopo mi fai tutte le domande che vuoi. Allora, dato che siamo d’accordo che la scuola ha più di settecento aule circa, esisterà anche l’aula seicentosessantasei, vero?”

“Si…. Ah, ora ho capito il numero seicentosessantasei è il numero del diavolo, quindi il prossimo indizio si trova nell’aula seicentosessanta sei della scuola, dai muoviamoci andiamo subito!”

Esclamò Rog tutto agitato.

Una volta arrivati a scuola con la scusa di aver dimenticato qualcosa in un’aula, ci fanno entrare dentro; una volta superati i bidelli ci aggiriamo indisturbati nei corridoi alla ricerca dell’aula seicentosessantasei. Quando abbiamo perso quasi tutte le speranze finalmente troviamo l’aula, sembra quasi che non ci venga più nessuno da un po’ di anni, perché appena apriamo la porta troviamo pile e pile di scatoloni, e pensare che dovremo svuotarli tutti mi sento svenire. Mentre io mi ero imbambolato a guardare gli scatoloni, Rog si era sporto per vedere che cosa ci fosse e trovo… Aira seduta su una sedia bendata e con i polsi e le caviglielegati da una corda. Appena la vidi mi si riempì il cuore di gioia perché sapere che ora era qui e stava bene era la cosa che mi interessava di più in questo momento, intanto Rog l’ha slegata e ci abbracciamo, un abbraccio sincero pieno di amore, preso da questo attimo di felicità decisi di confessare i miei sentimenti a Aira, ma prima io e Rog decidiamo di tornare a casa e di raccontargli tutto quello che è successo e tutto quello che abbiamo fatto per trovarla.

Quando abbiamo finito di raccontare tutto quello che è successo la sua unica risposta è stata:

“Andiamo dalla polizia a denunciare il giocatore per tutto quello che ha fatto e poi vado a casa mia che i miei genitori vogliono sapere come sto e per quale motivo sono scomparsa, comunque grazie di tutto siete imigliori amici, che tutti vorrebbero.”

Ci dirigiamo verso la centrale di polizia sempre con la macchina di mio padre, appena arriviamo io e Aira andiamo dentro la centrale, mentre Rog resta in macchina.

Mentre aspettiamo il nostro turno per parlare con i poliziotti Aira nota che dalla tasca del mio giubbotto sbuca un foglio, lo tiro fuori e lo apro; sul foglio c’è scritto:

“Io vi avevo avvertito… la polizia non doveva sapere nulla. Inizia il secondo round”

Appena finisco di leggere il biglietto, mi giro per guardare fuori dalla porta a vetri e, come già immaginavo Rog era sparito.

 

 

****

 

FURTO ALL’ITALIANA (di Sara Monasterolo, Letizia Viola, Rebecca Rizzitello, Riccardo Berruti e Gianfranco Bellettati dell’Istituto Salotto & Fiorito)

P.S: La scritta “POV” sta per “Point Of Vision”. Grazie e buona lettura!

LETI’S POV

Oggi è il grande giorno, tenteremo di rubare il più celebre dipinto esposto al museo del Louvre “La Giocondo di Leonardo da Vinci”. Siamo una gang, il nostro capo si chiama Gianfranco e ci ha commissionato questa missione, Sara è un’esperta di informatica quindi hackereràil sistema di sicurezza del museo, Rebecca si è fatta assumere come donna delle pulizie e ci aprirà dall’interno, Riccardo toglierà la tela dalla cornice e la nasconderà, io sono Letizia, coprirò le spalle a Riccardo e se servirà sparerò, ma senza uccidere.

 REBECCA’S POV

Sono già dentro il museo, gli altri arriveranno dopo la chiusura.

5 minuti dopo la chiusura…

Con un auricolare gli dico: “5 minuti alla chiusura!” Sara mi risponde: “Io sono già collegata alle videocamere di sorveglianza, fra un po’ mi connetterò al sistema centrale.” Ricky invece mi dice: “Io e Leti siamo fuori dal museo pronti ad entrare!” Gianfranco ci avverte dicendoci: “Non fate confusione deve filare tutto liscio, buona fortuna!

 SARA’S POV

Sono passati 10 minuti dalla chiusura e dalle telecamere nessun movimento estraneo, fino a … “Ragazzi abbiamo un piccolo problema, c’è una guardia vicino a Ricky e Leti.” Ricky disse: “Aiuto!!! Adesso cosa facciamo?” Leti rispose: “Io ho una pistola, però per non attirare immediatamente l’attenzione Rebecca potrebbe portarlo dall’alta parte del museo, per creare un diversivo.” Rebecca era d’accordo con il piano quindi procedemmo con il piano.

REBECCA’S POV

Mi sto dirigendo verso la guardia, con la scusa che dalla parte opposta del museo ho visto un uomo. Con voce innocente e occhioni dolci gli dico: “Mi scusi signore, sono una donna delle pulizie del museo e mentre pulivo dall’altra parte mi sembra di aver visto un uomo armato, potrebbe andare a vedere.” Lui mi annui e mi accompagno. Il diversivo ha funzionato.

RICCARDO’S POV

Sara improvvisa un: “Raga, ho dis…” ma la interrompo: “Shhhh, i devo concentrare!” e inizio a fare mosse alla 007 per evitare i laser di sicurezza. “Uhm, Riccardo…. Ma cosa stai facendo?!” mi disse Sara con curiosità. “Non è ovvio? Evito i laser!” dico con sicurezza mentre mi concentro a fare le mie mosse. “Gli stessi laser che ho disattivato qualche minuto fa?” disse Sara ridendo. Mi fermo subito e sibilo un “Oh…!”per poi avviarmi al continuo del corridoio.

 LETIZIA’S POV

E’ arrivato il momento più importante, la Gioconda sta per diventare nostra. Ci avviniamo furtivamente al quadro e Riccardo si gira verso di me ed esclama: “Ma io me la immaginavo molto più grande!”, infatti ci troviamo di fronte ad un quadretto piccolino che io, però, conoscevo già.   “Anche io ho pensato la stessa cosa quando sono venuta con Gianfranco a studiare il museo.” Riccardo mi guarda con un’espressione confusa: “E noi rischiamo di finire in carcere per un quadretto minuscolo?” e fa finta di andarsene ma lo fermo subito dicendo: “Ma vale un sacco di soldi!”, Riccardo allora si gira e dice: “Potevi dirlo prima!” e si affretta a staccarla la tela della cornice.

 GIANFRANCO’S POV

Esclamo: “Quanto vi manca? Sono qua fuori ad aspettarvi ma non vi vedo.” Letizia, con voce soddisfatta mi risponde: “Arriviamo, Riccardo ha compiuto il misfatto! Rebecca?”, la risposta di Rebecca arriva poco dopo minuti: “Dirigetevi verso l’uscita di sicurezza del primo piano e vi faccio uscire.” Con la mia Mercedes nera mi avvicino alla strada piano piano, continuo a scrutare l’uscita.

RICCARDO’S POV

Ci incamminiamo col nostro tesoro verso l’uscita al primo piano, ad un certo punto, non vedendo nulla a causa del buio, sbatto contro qualcuno e cadiamo entrambi a terra, fortunatamente riesco a non rovinare il quadro. Sussulto per poi accorgermi di aver urtato una persona a me conosciuta, Rebecca.                                                                                                                                        “Aaaaah ah!” dico muovendo le braccia in posizione di difesa Kung-fu. Rebecca fa una faccia sbalordita e allo stesso tempo divertita dalla mia reazione.

SARA’S POV

“Attenzione! Avete una guardia vicino a voi!” Dico con tono preoccupato. “Oddio davvero?” dice Letizia con sottofondo Riccardo che prega. “No scherzo” di mentre sento Riccardo che mi insulta in tutte le lingue esistenti al mondo. Usciamo dal museo e ci dirigiamo verso il nostro Hotel, per dormire.

IL GIORNO DOPO…

GIANFRANCO’S POV

Mi sono appena svegliato e sono le sette e un quarto, tutti gli altri sono ancora addormentati, accendo la TV,tutti i telegiornali parlano del nostro furto senza sapere che noi siamo i colpevoli. Sveglio Sara e la lancio sul PC. “Controlla le telecamere, ORA!”.  Sara, facendomi segno di calmarmi, controlla le telecamere e notiamo che la polizia francese è già sul luogo, riunita intorno a un uomo che scruta ogni angolo della cornice.  “Prendi tutto, torniamo in Italia.”

 REBECCA’S POV

Siamo in viaggio da circa 3 ore, alla guida c’è Gianfranco e seduto di fianco a lui Riccardo; io, Sara e Leti siamo sedute nei sedili posteriori. Vorrei chiedere spiegazioni ma capisco dallo sguardo di Gianfranco che non sarebbe una buona idea e la macchina cadde in un silenzio tombale fino alla fine del viaggio.

 MATTIA’S POV (INVESTIGATORE)

All’interno dell’Louvre

“Astuto… molto astuto il quadro più importante del museo. Deve essere una mente geniale…” Rifletto a voce alta tra gli sguardi perplessi dei poliziotti lì presenti. “Portami il grigio-argento!” Dico alla mia assistente che si chiama Elisa.

ELISA’S POV

Mentre mi dirigo alla macchina della polizia noto un cartellino con un nome scritto. Estraggo i guanti e un sacchettino per non alterare una possibile prova e la porto all’ispettore “Mattia, Mattia ho trovato una possibile prova del crimine!” Mattia mi domanda cosa sia.

Alla centrale di polizia 2 settimane più tardi.

Sono arrivate le prove della scientifica, delle impronte rilevate sulla cornice, esse infatti appartengono ad un certo “Riccardo Palmieri” fedina penale pulita ma nessuna informazione all’apparenza.  Tornai al museo e chiesi del personale presente il giorno del furto, come sospettavo la proprietaria del cartellino “Rebecca” quella sera ha fatto il turno di chiusura; lei e l’altro ragazzo potrebbero essere collegati sia tra di loro che con il furto

MATTIA’S POV

Chiedo al museo di aver accesso ai video delle videocamere di sorveglianza, che sembrano essere state criptate, da un operatore anonimo. Mi dicono che ci vorranno delle settimane per avere i video.

2 Settimane Dopo

“Mi dispiace ma dei video di sicurezza appare solo uno sfondo nero  con dei puntini bianchi.” Mi disse l’informatico della polizia, risposi con un semplice “Okay” per la delusione.

RICCARDO’S POV

Mi hanno scoperto, dovrò dire agli altri che devo scappare. “Ragazzi devo dirvi una cosa.” dissi con un tono di malinconia, loro non dissero niente ma annuirono. “Ok… mi hanno scoperto e credo di dover partire per il vostro bene andrò in Finlandia e abiterò in un’ isoletta sconosciuta e tranquilla.” Dissi tutto ad un fiato con le lacrime agli occhi. Loro mi guardarono e mi dissero: “Noi non ti lasciamo, veniamo con te!” mi accorgo che Letizia è uscita dalla stanza, la seguiamo e scopriamo che in realtà e già a preparare le valige di tutti noi.

All’Aeroporto

Siamo all’aeroporto di Caselle pronti ad entrare all’interno, ma qualcosa ci impedisce di partire. “Mani in alto, siete in arresto per il furto della Gioconda al Museo del Louvre!” Urla un poliziotto puntandoci una pistola, e dietro di lui una trentina di uomini anche essi armati. Alziamo le mani in segno di resa ad un certo punto Gianfranco estrae una pistola e la punta contro le forze armate, essi non esitarono a sparare di fianco a Gian che fece un sussulto dallo spavento lasciando cadere l’arma sul pavimento. Fu così che fummo ammanettati e portati in centrale.

LETIZIA’S POV

Siamo alla centrale di polizia, ci stanno tartassando di domande, cerchiamo di rispondere a monosillabi o piccole frasi senza sensoma niente non ci credono. Dopo svariate domande un certo punto ci chiedono “Perché l’avete rubata?” Gianfranco risponde immediatamente con tono di sfida “Perché no?!” tra me e me penso quanto possa essere pazzo questo ragazzo e quanta voglia abbia di picchiarlo per zittirlo.

GIANFRANCO’S POV

Iniziano a prenderci le impronte e a farci le foto ma ad un certo punto dico: “Scusate…” mi guardarono tutti con aria interrogativa e continuo il mio discorso “Perché Napoleone poteva rubare e saccheggiare tutto quella che voleva e noi non possiamo riprenderci qualcosa che è nostro di principio?.” Dopo questo ci prendono senza rispondere e ci sbattono in cella. Il nostro piano è fallito miseramente e la Gioconda è tornata al suo posto.

 

 

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SCOMPARSA (di Melissa Pinto e Giorgia Panagin dell’Istituto Levi)

Quella mattina andò a lavoro ma non tornò più a casa.

 

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